Marzo 2003

Marzo 2003

BILANCI DI GIUSTIZIA

LETTERA DI INFORMAZIONE TRA GLI ADERENTI ALLA CAMPAGNA BILANCI DI GIUSTIZIA

N° 76 –MARZO 2003

PER LA PACE  / STOPESSOWAR

 Carissimi amici.

 Sabato 12 aprile si svolgerà la giornata di mobilitazione nazionale della campagna “PER LA PACE- STOPESSOWAR” indetta dai promotori: Greenpeace, Rete Lilliput, Bilanci di Giustizia, Botteghe del Mondo, Centro Nuovo, Modello di Sviluppo.

I promotori della campagna, fin dall’inizio del loro lavoro, si sono fortemente riconosciuti in alcuni principi basilari:

–         proporre un gesto semplice e concreto che si inserisca nella multiforme resistenza a questo sistema economico che porta alla guerra.

–         organizzare una Campagna con un obiettivo mirato per ottenere efficacia e credibilità: boicottiamo la ESSO e le chiediamo:

ð     di rinunciare al contratto di fornitura di carburante all’esercito americano

ð     di esprimersi a favore del protocollo di Kyoto

ð     di investire nella ricerca e nella promozione di fonti energetiche alternative al petrolio.

Per le Organizzazioni promotrici è essenziale la scelta della nonviolenza che ci lega fino al raggiungimento dell’obiettivo proponendo azioni nonviolente nel totale rispetto per le cose e per le persone ed in particolare per i gestori ed i loro distributori.

La Campagna sta ottenendo un ottimo successo; tante realtà, anche non appartenenti ai promotori, si stanno mobilitando per la giornata del 12 aprile.

Purtroppo nei giorni scorsi si sono ripetuti gesti di vandalismo nei confronti di distributori Esso come ad esempio il taglio delle pompe.

Riteniamo che simili azioni siano atti intimidatori che percorrono logiche violente assolutamente non condivisibili e che hanno inoltre “effetti collaterali” altamente negativi e controproducenti quali:

1-     Scoraggiare la partecipazione di massa alla Campagna.

2-     Dar motivi per criminalizzare il movimento, “boicottando di fatto chi boicotta”, ostacolando quindi e rallentando l’adesione al boicottaggio.

3-     Colpire e danneggiare gli incolpevoli gestori che dovrebbero anzi essere oggetto di particolare attenzione e solidarietà da parte di chi aderisce alla campagna.

Invitiamo quindi tutti coloro che condividono questi motivi e queste modalità a partecipare con forza alla giornata di mobilitazione cercando di inventare, con la fantasia che caratterizza il movimento, azioni piene di musica, di gioia, di colore coinvolgenti rispetto a tutte le componenti della società ed in particolare ai bambini ed alle famiglie nel rispetto delle modalità di assoluta non violenza proposte dai promotori.

Invitiamo inoltre a segnalare ai gruppi locali di Greenpeace, ai nodi di Lilliput, alle Botteghe del Mondo e ai referenti locali dei Bilanci di Giustizia le azioni che si intendono compiere per favorire il coordinamento e quindi la visibilità della campagna.

Sperando di incontrarvi nelle piazze di mille città.

Per le realtà promotrici della campagna:

Domitilla Senni ( Greenpeace ), don Gianni Fazzini ( Bilanci di Giustizia ), Francuccio Gesualdi

( Centro Nuovo Modello di Sviluppo ), Marco Bindi ( Associazione Botteghe del Mondo ), Enrico Pezza ( Rete di Lilliput ).

Noi bilancisti…..

Ci stiamo preparando al 12 aprile come giornata di mobilitazione per lanciare la Campagna Stop Essowar. Alla Campagna sono già arrivate molte adesioni da tutta Italia, e con la giornata di mobilitazione vorremmo dare una ulteriore impulso alla nostra azione nonviolenta.

Proprio per evitare di bruciare la Campagna e di creare un clima di tensione dovremmo avere una particolare cura nel cercare di scongiurare, per quanto possibile, gli atti di vandalismo che sono stati attuati verso i distributori Esso già in diverse città. Per questo cerchiamo di prendere contatto sul territorio con tutte le realtà che potrebbero essere interessate e promuoviamo azioni assolutamente non violente e che si dissocino apertamente dagli atti di vandalismo.

Come ulteriore momento di sostegno della Campagna a metà aprile a Milano ci sarà una performance di Beppe Grillo a cui parteciperà anche p. Alex Zanotelli: approfittiamo di questa occasione per dare maggior evidenza alla nostra azione!

Per chi volesse dare un sostegno finanziario alla Campagna segnaliamo che è stato attivato un conto corrente in Banca Etica, c/c n. 108367 ABI 5018 CAB 12100.

 incontro referenti del 22 marzo

training con enrico euli

Annibale e Daniela da Bergamo, Paolo da Legnano, Caterina da Padova, Tommaso, Eleonora e Licia da Treviso, Paolo e Marco da Rimini, Fabio e Alessandra da Verona, Francesca e Patrizia da Ivrea, Graziella dalla Val d’Illasi, Claudio e Marisa da Mestre, Lucina di Pordenone, Barbara e Stefano di Genova, Annalisa di Incisa Valdarno, Marco di Pisa, Claudia di Monfalcone, Patrizia di Roma, Alberto di Torino e Cristinadi Reggio Emilia.

Tutto questo incontro referenti è stato dedicato al seminario sul lavoro e sul denaro proposto da Enrico Euli, ed è stato veramente coinvolgente! La sensazione alla fine della giornata era di una forte energia e di una grande soddisfazione per tutti i partecipanti. Abbiamo parlato di lavoro e denaro ma, sia per la situazione di guerra in cui ci troviamo, sia perché comunque questi temi si collegano strettamente anche a politiche più ampie, si è spaziato su ampi orizzonti.

Il lavoro che Enrico Euli ci ha proposto partiva sempre da un coinvolgimento personale, attraverso storie, aneddoti, divagazioni da condividere con gli altri, e soprattutto nel proporci momenti di gioco che potevano apparire in un primo tempo scollegati dal tema, ma da cui dopo, analizzando le nostre reazioni e i nostri comportamenti, Enrico metteva in luce il modo di affrontare le situazioni e ci proponeva i suoi spunti di riflessione. È quindi molto difficile ‘riassumere’ i contenuti emersi in questo seminario, anche perché costruiti passo passo grazie agli apporti di ciascuno, vogliamo cercare comunque di proporre alcuni spunti schematici che saranno arricchiti e completati dalle impressioni che i partecipanti riporteranno ai gruppi locali.

Il punto di partenza della riflessione è stato: tutte le culture dell’occidente centralizzano il valore del lavoro e del denaro. Questo porta, per esempio, a dare un valore alle persone principalmente in relazione al loro lavoro, (pensiamo a come vengono considerati i pensionati….) e rende difficile riconoscere, in modo profondo, che molte cose nella vita hanno senso anche se non hanno funzione in ambito economico/lavorativo. In questo modello è importante che il denaro non diventi soggetto dotato di senso proprio ma rimanga mezzo. Sicuramente queste riflessioni sono proprie delle nostra Operazione da anni ( …ma pensiamo quanto costa a tutti rinunciare a un’ora di lavoro per dedicarla ai rapporti personali, alla riflessione ecc….): con queste prospettive il denaro è una metafora e noi non dobbiamo liberarci del denaro ma del modello monetario.

Il punto successivo di riflessione ha riguardato la trasformazione della nostra società. Partendo dal problema della fiducia, emerso nel laboratorio precedente, Enrico Euli ha sottolineato come oggi viviamo in contesti non protetti dove anche relazioni e persone non sono protette. La risposta che la politica e la gente sceglie è di tipo securitario, cioè si proteggono le persone e non i contesti e le relazioni. Il denaro è coerente con questo modello, e con quest’ottica avrà sempre piu valore, e solo chi avrà i soldi riuscirà a proteggersi. La soluzione (che di solito non viene perseguita) è invece opposta, cioè ricostruendo comunità (contesto e relazioni protette) non è più necessario proteggere le persone. L’approccio sicuritario si basa sulla considerazione che creando la sicurezza si instaura la fiducia mentre invece gli essere umani ‘funzionano’ all’opposto: dove si crea la fiducia si instaura di conseguenza una clima di sicurezza. Inoltre quanto più cresce l’insicurezza contestuale tanto più cresce il bisogno umano di seguire qualcuno che impone degli ordini.

Per uscire da ciò bisogna aumentare la nostra capacità di dire di no, dobbiamo permetterci di sbagliare e di sperimentarci per approdare a qualcosa di nuovo. Oggi l’idea del liberismo è che la libertà sia quella di consumare e di consumarci lavorando, dobbiamo paradossalmente liberarci di questa libertà. Diventa allora fondamentale non avere paura dei conflitti, ma riuscire a viverli.

La riflessione finale dataci da Enrico Euli è proprio sull’approccio al conflitto, l’approccio ‘usuale’ è:

  • La pace è quiete
  • Il conflitto è la fine della pace, e chi lo esplicita è un fattore di disordine (da reprimere)
  • La guerra è la soluzione per riportare la quiete.

Questo processo induce una spirale per cui la guerra si riproporrà sempre e la violenza non può che aumentare.

Al contrario un approccio ‘spostato’ e nonviolento è:

  • La pace è assenza di violenza
  • Il conflitto è una opportunità sintomatica per mettere in luce un problema
  • Una gestione nonviolenta del conflitto genera una diminuzione della violenza.

Commercio equo….lo è ancora?

Abbiamo recuperato in rete ( http://www.namaste-ostiglia.it/lasthelp/show.asp?ID=459 ) questa riflessione di p. Alex Zanotelli sul commercio equo. Alcune di queste provocazioni erano già state lanciate nell’incontro dell’anno scorso con i referenti, ci sembrava però opportuno riportare questo intervento dedicato al commercio equo.

Il commercio equo è un obiettivo consolidato per il 78,9% dei bilancisti e molti di noi sono anche direttamente coinvolti nel lavoro nelle botteghe, proprio per questo dobbiamo interrogarci perché questa realtà non diventi un altro pezzo di ‘mercato’ ma continui a essere un germe di un reale cambiamento verso la giustizia.

Verona 11/11/2002

Carissimi jambo!

E’ da tempo che volevo condividere con voi la mia riflessione sul commercio equo e solidale, che nasce da lontano, da quando, agli inizi degli anni ’90, avevo inviato una lettera aperta a tutti voi a questo riguardo. Nasce anche dal confronto serrato e prolungato negli anni con Transfair, che ha portato alla richiesta di togliere il mio nome da quella organizzazione; una decisone, questa, che ha molto offeso Transfair, i cui dirigenti sostengono che alcune centrali di importazione non si comportano in maniera molto differente da loro. Nasce infine da lunghe ed appassionate conversazioni con tanti responsabili del commercio equo, nonché dalla mia esperienza diretta con lo stesso a Korogocho.

Tutto questo mi ha portato a maturare una serie di riflessioni.

Noi parliamo di commercio equo, ma siamo proprio sicuri che i nostri prezzi siano equi? I produttori di Korogocho, per esempio, guadagnano il minimo per poter sopravvivere. Eppure so che è stato chiesto alla cooperativa Bega Kwa Bega di Korogocho di abbassare i prezzi. Vogliamo ridurli a prezzi da fame?

Lo stesso presidente di CTM, al suo passaggio a Korogocho, si è sentito rivolgere queste medesime domande, che ha inserito nella sua lettera “Dov’è il commercio equo e solidale”. Sono domande che rivolgo a tutti voi.

Per questo mi preoccupa che il commercio equo stia lentamente entrando nei parametri del mercato (scelta di edifici costosi e/o di grande visibilità, consulenze di marketing etc.). Non si rischia così di entrare nel giro del business a spese dei più poveri del pianeta? Non si rischia anche di marginalizzare il grande perno del volontariato?

Dopo 12 anni vissuti a Korogocho, emblema di un continente “sbolognato” e violentato, mi domando se anche il commercio equo stia mettendo l’Africa in disparte a favore degli altri continenti. Forse perché è più difficile lavorare con l’Africa? O è solo un’impressione mia?

Questo mi porta ad una altra domanda: il commercio equo è veramente in appoggio alle strutture più povere? State almeno sostenendo seriamente quei progetti in ambienti molto difficili, ma che proprio per questo ne avrebbero ancor più bisogno?

La mia impressione è che questo non avvenga.

E siamo sicuri che il sostegno finanziario dato ai progetti vada veramente a loro favore?

E la scelta fatta da alcune botteghe e centrali di entrare nella grande distribuzione è la via migliore per aiutare i poveri? E se fosse invece un’altra maniera con cui il mercato cerca di cooptare questa perla che è il commercio equo e solidale?

Ho paura che il commercio equo abbia finito di sognare e di pensare alla grande.

Ogni bottega, oltre che vendere, dovrebbe essere un luogo di ritrovo, di riflessione, di analisi, di cambiamento di stili di vita. Dovrebbe recuperare il senso della comunità, del far festa, dell’interculturalità, del danzare la vita. Dovrebbe essere un luogo di resistenza al sistema. Per questo ritengo fondamentale la riflessione di S. Latouche quando afferma che “il pericolo della maggior parte delle iniziative alternative volontarie infatti è quello di rinchiudersi nella fortezza che ha permesso loro di nascere e di svilupparsi”. La conseguenza di questo è che “riuscire ad imporre i prodotti del commercio equo negli scaffali dei supermercati a fianco dei prodotti non equi non è un obiettivo in sé e va iscritto più in una strategia di fortezza.. E’ più importante assicurarsi del carattere equo della totalità del processo dal trasporto alla commercializzazione, cosa che esclude in prima battuta il supermercato ed allarga il tessuto organizzativo”. Sono parole dure di Latouche, ma non meno duro è il nostro Tonino Perna: “La sfida del commercio equo consiste non nel far entrare nel circuito della moda i prodotti del Sud del mondo ma far diventare un bisogno la scelta etica del consumatore. Ciò significa che è necessario pensare più in termini di innovazione sociale che di innovazione di prodotto”.

Per questo ritengo fondamentale che il commercio equo trovi la capacità di uscire dai propri circuiti e fare rete con quelle realtà locali che tentano la creazione di spazi economici locali con mercati locali, orientati al bisogno, sostenibili dal versante ecologico e che promuovono il lavoro. Per questo l’eccessivo strutturarsi del commercio equo potrebbe ucciderlo come movimento. Ritengo infatti importante sottolineare che il commercio equo non è una catena commerciale, né una associazione (men che meno una mega associazione) ma un movimento popolare.

Guai a noi se tradiamo questa intuizione originale!!!

“Si tratta dunque – afferma di nuovo Serge Latouche – di coordinare la protesta sociale con la protesta ecologica, con la solidarietà verso gli esclusi del nord e del sud con tutte le iniziative associative per articolare resistenza e dissidenza. E per sboccare alla fine in una società autonoma. E’ così che all’inverso di Penelope si ritesse di notte il tessuto sociale che la mondializzazione disfa durante il giorno.”

Dopo quelle splendide giornate di Firenze, queste parole diventano ancora più pregnanti.

Il commercio equo e solidale è una perla preziosa. Non buttiamola via! Buon lavoro!

Sijambo.

Alex

 Poste strozzine

I problemi non finiscono mai! Questa è stata la reazione quando le poste ci hanno comunicato che le tariffe per la spedizione della nostra lettera erano aumentate, per ogni copia spedita (per lettera ne inviamo circa 450) dovremmo pagare 0,40 euro. Questo è per noi un peso assolutamente insostenibile, la possibilità per ritornare alla tariffa minima che avevamo è quella che l’editore della lettera (attulamente MAG Venezia) sia una associazione ONLUS (o equiparata). Stiamo quindi attrezzandoci per cambiare editore, però questo richiede dei tempi lunghi, circa sei mesi, nel frattempo dobbiamo rivedere completamente gli invii.

Con grande dispiacere siamo costretti a ridurre drasticamente le lettere inviate per posta a carico della Segreteria. Invitiamo quindi tutti:

  • Chi ha un indirizzo e-mail ce lo comunichi al più presto (questo invio non ci costa nulla)
  • Chi non ha a disposizione una casella di posta elettronica per continuare a ricevere la lettera dovrà inviarci un contributo annuale per la spedizione delle lettere (10 euro)

Bilancio….dei bilanci

 Presentiamo il rendiconto economico dell’operazione Bilanci di Giustizia per l’anno 2002

Entrate

Uscite

Residuo attivo 2001

803,03

Spese viaggi

670,00

Contributi Bilancisti

4136,08

Spese postali

394,81

Vendita libri e materiale

2270.51

Stampa e spedizione lettere mensili

925,00

Vendita materiale Spese sede

1030,00

Ricavi da incontri

654,00

Spese per incontri referenti

235,00

Interessi c/c

75,73

Stampa rapporto 2001

2200,00

Abbonamento rivista

30,00

Imposta bollo c/c

25,56

Pieghevoli

1735,00

Spese telefoniche

276,60

Cancelleria e fotocopie

446,56

Totale Entrate  9696,35 Totale Uscite

7968,53

Residuo attivo 2002

1727,82

Totale a Pareggio

9696,35

Nel 2002 sono decisamente aumentati i contributi alla Campagna dagli aderenti, ma le spese sostenute (abbiamo stampato, oltre al rapporto 2001 anche i nuovi pieghevoli) ci portano a trovarci con poco o niente in cassa. Vi rinnoviamo quindi l’invito a contribuire alla Campagna con il corrispettivo di una giornata di lavoro.

Volete anche quest’anno un memorabile incontro annuale?

Abbiamo stabilito il dove e il quando:

—  Bellaria 5, 6 e 7 settembre 2003  —-

Ora è il momento di proporvi per i laboratori !!!

Comunicate il vostro impegno alla segreteria.

Ci sarà una voltaAttenzione!!! Stiamo finendo la ‘scorta’ di fiabe che ci avete inviato,

ne aspettiamo altre!!!!

Il ritorno della strega

C’era una volta, tanto tempo fa nel bosco di Tarantello, una fata buona, si chiamava fata Rosa.

Fata Rosa aveva i capelli biondi, gli occhi azzurri, un foruncolo sul gomito che prudeva un po’, non era magra ma nemmeno grassa, non era alta ma un po’ bassa, e allora metteva delle scarpine, rosa, molto graziose e si sentiva un po’ più alta.

Viveva in un grande castello tutto rosa, con una torre rotonda rosa, un ponte levatoio sempre aperto e tanti animali nel giardino interno del castello.

Tutti i giovedì pomeriggio venivano le sue due amiche, la fata Azzurra e la fata Verde, a trovarla e prendevano il te’ insieme, e parlavano…parlavano…parlavano.

Quel pomeriggio la fata Rosa aveva preparato una torta di mele che, sul librone di cucina era proprio bella, ma a lei, chissà perché, non era gonfiata bene, era cioè rimasta un pochino storta.

Ma che importa, si disse, sarà buona e sarà bello poterla mangiare tutte insieme.

Ed ecco arrivare la fata Verde, tutta accaldata, si affretta, esce dal bosco, passa il ponte levatoio e…..incredibile! contrariamente al suo solito non accarezza neppure il gufo Poldo!

“Cosa ti è mai successo, fata Verde, sembri stravolta” dice la fata Rosa.

“Sapessi…sapessi…” fa la fata Verde “ma aspettiamo di essere tutte insieme, poi vi racconterò la novità. Povere noi,  povere noi….”

E parlando così la fata Verde si siede in un angolo del sofà, rimanendo con la schiena bella dritta. Sembra molto agitata e, si capisce dalle parole, preoccupata.

Arriva intanto la fata Azzurra.

Le fate salutano la fata Azzurra e si accomodano nel salotto.

“Davanti a una tazza di te’ e a una fetta di torta ti calmerai un pochino, poi ci racconterai cosa ti è successo” dice la fata Rosa.

La fata Verde inizia il suo racconto:

“Tanto tempo fa, nel bosco Tarantello,c’era una strega. Era brutta e cattiva. Con i suoi poteri magici impediva agli abitanti del bosco di essere contenti. Infatti il nostro bosco non si chiamava così ma si chiamava Bosco Tetro. Un giorno non si seppe più nulla di lei. Da un momento all’altro non c’era più. Si sono create tante storie su questa scomparsa, ma la verità è che…”

Interviene la fata azzurra: “La verità è che forse la strega non c’è mai stata.”

Prosegue la fata verde: “C’era , c’era. La prova è che….è tornata!”

“Ma che dici!!” esclamano le due fate insieme.

“L’ho vista con i miei occhi: una donna non bella, vestita di scuro, è andata ad abitare nella capanna in riva allo stagno e….subito si è alzata la nebbia a nascornerla!”

“Ma tu sei capace di vedere tutto quello che la fantasia ti suggerisce!”

“Su su, non litighiamo!” dice la fata Rosa.

“Se hai paura a tornare a casa ti accompagneremo noi, vero?”

Così, dopo aver gustato la torta (che era buona e un pò storta) le tre fate vanno in giardino a godersi il sole.

Non si sono accorte che un gufo le ha osservate per tutto il tempo. Che cosa strana! Un gufo di giorno!

Tutte insieme si avventurano nel bosco. Quando si avvicinano allo stagno c’è un pochino di nervosismo:

La fata Verde non vorrebbe proseguire, ma la strada per casa sua passa proprio di lì.

“Ecco, ecco la nebbia” dice la fata Verde e vorrebbe iniziare a correre.

Le altre due amiche si guardano in faccia perplesse.

“Certo che questa nebbia è proprio strana!”

“Fa persino pizzicare il naso”

“Fa starnutire”

“Mi ricorda l’odore del solaio…”

E ecco un raggio di sole che attraversa la nebbia,facendo brillare tante particelle di polvere…ma non è nebbia!!!!!

E le tre fate iniziano a tossire  e a ridere.

Si avvicinano alla casa vicino allo stagno: la polvere, il gran polverone arriva proprio da lì.

Ed ecco uscire una donna vestita di scuro, con un fazzoletto intorno ai capelli e due fagotti sulle spalle: sta pulendo la casa, immaginate quanta polvere dopo che è rimasta chiusa e disabitata per anni!

Così le tre fate fanno la conoscenza di Nerina, la nipote di una signora che un tempo visse in quella casa in riva allo stagno.

L’invitano a prendere il te’ nel castello della fata azzurra, il giorno dopo.

Poco a poco diventano amiche e un giorno le confidano che pensavano lei fosse una strega brutta e vecchia. E ridono insieme allegramente.

Paola

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