Raccogliamo da terra con le nostra braccia..

Raccogliamo da terra con le nostra braccia..

Raccogliamo da terra con le nostre braccia, nel teatro Bataclan, un giovane corpo esanime, con lo strazio nel cuore di un padre di una madre che sanno della sua innocenza, sanno quale incommensurabile ingiustizia gli abbia dato la morte. Facendolo, solleviamo il capo e ci chiediamo il perché.

Le bombe non sono tutte uguali, quelle di Parigi provengono da chi le usa per i propri fini di potere. Con le armi si massacrano intere popolazioni, si abbattono aerei, si attacca il cuore d’Europa. Cosa si va a colpire in occidente? Si colpiscono i ristoranti, i teatri, gli stadi. Momenti di svago e di socializzazione, giudicati peccaminosi da un fanatismo disumano, che si nutre dell’ingiustizia e che non esita a “punire” con la morte. I nostri svaghi, neppure ce ne rendiamo conto, sono troppo costosi a confronto di quel che manca, per sopravvivere un altro giorno, a centinaia di milioni di esseri umani.

Una strumentalizzazione orribile quella dei terroristi, prendere a pretesto il dolore degli ultimi, anche all’interno delle nostre società, trasformando la frustrazione in risposte violente.

I poverissimi del mondo, invece, non si vendicano, quasi non si vedono. Forse non sanno la causa della loro condanna alla fame, alla malattia, all’ignoranza. Ma noi ci dobbiamo interrogare sulle cause, ci dobbiamo chiedere se la loro povertà dipende da noi, dal nostro stile di vita, dal nostro sistema economico.

La logica dei bombardamenti, della vendetta, della guerra, del “non ci farete cambiare” appare come la solita vecchia risposta arrogante di chi è più armato, più industrializzato, più istruito, più ricco. L’esito finale di questa logica lo abbiamo davanti, proprio in Iraq, in Siria, in Afghanistan.

Eccoci attoniti e impauriti, sino a ieri, di fronte all’invasione dolorosa e inquietante di migliaia di profughi in fuga. Ora, Occidente ferito dalle schegge impazzite di un meccanismo distruttivo da noi stessi generato, per il perseverare nella difesa del nostro “stile di vita”, sostenuto da un’economia miope e ingiusta, un’economia di morte. Il Sud del mondo costretto a produrre senza rispetto dei diritti e dell’ambiente, il Nord spinto a consumare, consumare, consumare, impoverendosi in relazioni, diritti, capacità di discriminare, senso.

Si può fare diversamente? Si deve rivedere il modello di sviluppo occidentale?

Il cambiamento deve partire dai fortunati, da coloro che beneficiano di un potere d’acquisto al di là delle necessità di base. Il cambiamento deve partire da noi.

Noi famiglie che abbiamo aderito all’appello di Bilanci di Giustizia e che da vent’anni ci interroghiamo sul nostro stile di vita, siamo convinte che il cambiamento sia necessario. “Quando l’economia uccide bisogna cambiare” era lo slogan attorno a cui si è costituita la nostra campagna. Convinti che il cambiamento debba cominciare da noi stessi, dai nostri consumi, e che questo cambiamento possa essere misurato. Vi sono anni di bilanci familiari pubblicati che dimostrano come sia realmente possibile migliorare il proprio benEssere spostando i consumi, agendo secondo la propria idea di giustizia, liberandosi dai condizionamenti, ampliando le proprie relazioni.

Se noi, cittadini dei paesi “sviluppati”, sapremo dare una risposta di impegno personale, i droni, i bombardamenti, i giochi di potere perderanno la loro legittimazione. Non saranno in nostro nome.

 

Scritto a più mani dai partecipanti all’Operazione Bilanci di Giustizia